Allora solamente, il parroco depositati presso la Curia i registri, sfollava nella comunità di S. Giuseppe vesuviano, ma ogni giorno scendeva a Napoli per ogni evenienza e faceva la sua ispezione.
Dopo l'entrata delle truppe alleate, la zona industriale diveniva facile preda dei ladri che indisturbati ultimavano l'opera dei bombardieri nemici. Non rimase pietra sopra pietra. Qualche muro diroccato, rimase a dimostrare che in quella zona, una volta vi erano dei palazzi. La chiesa rimase in piedi con le sue quattro mura. Tutto fu asportato. Il parroco, quando nella primavera del 1943 vide la mala parata che si presentava, fece
portare nella comunità di S. Giuseppe Vesuviano quanto era possibile trasportare, arredi sacri, mobili, masserizie e indumenti. Ma nel settembre del 1943 anche lì, per opera dei tedeschi in fuga, veniva tutto incendiato e il parroco con un altro confratello veniva portato prigioniero e messo nel campo di concentramento di Sparanise, da dove riusciva a fuggire e rientrare a S. Giuseppe Vesuviano.
La zona divenne un vasto accampamento di truppe e materiale bellico. Per un anno non si poté mettervi piede. Solo i ladri e le donne di malaffare avevano l'entrata libera.