Iacopini

Alteo

Negli ultimi giorni la malattia aveva gradualmente sfigurato P Alteo ad un uomo senza memo­ria, senza tempo, senza storia. Chi lo ha conosciuto come uomo di grande vitalità e iniziativa, avreb­be faticato a riconoscerlo nei propri ricordi. Realistiche e drammatiche si attualizzano le parole del Vangelo di Giovanni: " In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 20, 18). Inchiodati davanti alla progressione del morbo di Alzhei­mer, all'inevitabile indebolimento del corpo, alla fragilità irreversibile della mente appare evidente, soprattutto a chi sempre è stato servo della Parola, il paradosso della croce di Cristo per il quale l'unica salvezza certa è in Lui, "restate saldi nel Signore così come avete imparato" (Fil. 4,1).1115 luglio, alle ore 21 circa, nell'ennesimo vespro di una silenziosa invocazione rivolta alla madre cele­ste, alla Madonna del Carmelo, P Alteo è passato alla "patria nei cieli", e " di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (Fil. 3,20-21). La vita di p. Alteo comincia il 23 febbraio del 1926, in un piccolo paese marchigiano, Monte­leone di Fermo (Ascoli Piceno), terra che portava sempre nel cuore, dove si rifugiava per i suoi tempi di riposo, sempre brevi in verità, e dalla quale aveva ereditato caratteristiche preziose quali la sempli­cità, l'onestà, il lavoro duro, l'imprenditorialità, la resistenza davanti alle difficoltà, il sacrifico, la fede granitica a fondamento di tutto. I genitori Umberto e Adelina sono mancati fin dalla giovane età e la loro mancanza ha certamente dilatato il cuore di p. Alteo fino a farlo diventare padre di tanti ragazzi orfani e senza famiglia. In assenza dei genitori, si sono rinsaldati molto i legami con il fratel­lo più grande Arturo diventato poi Fra Gerardo morto trappista nell'Abbazia delle Tre Fontane di Roma e la sorella Laura sposata con Adolfo: con essi p.Alteo ha sempre mantenuto rapporti di gran­de tenerezza e affettuosità sentendoli vicini e di sostegno nei molteplici percorsi apostolici. La storia vocazionale di p. Alteo inizia alla Bufalotta (Roma) dove incontra i giuseppini e al Centro S. Antonio dove frequenta la scuola media inferiore nel periodo 1938-42. Frequenta il novi­ziato a Vigone (Torino) nel 43-44 e completa gli studi di scuola superiore con diploma magistrale nel 47 a Ponte di Piave. Quindi, dal 47 al 50, nel periodo di tirocinio prima immersione tra i ragaz­zi delle numerosi classi della scuola elementare di Roma Pio X e delle straripanti associazioni del popoloso quartiere romano. Da queste prime esperienze di totale dedizione ai ragazzi ricaverà uno stile di vita ed un agire pedagogico che non lo abbandoneranno per tutta la vita. Nel 1949 sempre a Roma Pio X, si consacra definitivamente come religioso con la professione perpetua. Nel periodo dal 50 al 54 completa i suoi anni di studi teologici in vista dell'ordinazione sacer­dotale che avverrà il 09-05-1954 presso la chiesa San Leone Magno di Roma. Un periodo concen­trato sullo studio certamente, ma alternato con esperienze di lavoro apostolico. Forse da queste espe­rienze, si rafforza in lui la convinzione della priorità del fare sullo studio o la sua diffidenza per chi riserva del tempo alla formazione culturale e intellettuale. L'immediato periodo che segue l'ordina­zione sacerdotale è un periodo di grande zelo apostolico, di lavoro educativo senza alcun risparmio per la salute, per i suoi studi personali, per non essere mai "dipeso, bensì di sollievo" in qualsiasi comunità dove era inviato. A chi lo accosta personalmente, rivela un "animo sensibile e delicato, malgrado le apparenze di una fare alquanto grossolano". Non mancano i momenti di incontro­-scontro con i direttori e i superiori in forza del suo carattere sempre autonomo, intraprendente fino all'indipendenza, a volte testardo; ma sempre piega la sua disponibilità, "pronto a fare l'obbedien­za rassegnato al volere di Dio". E comunque gli anni cinquanta lo vedono per brevi periodi da Alba­no al collegio minorile di Segezia, in parrocchia a Roma S. Alessandro, a Roma Pio X come inse­gnante e assistente, a Cisterna di Latina, a San Giuseppe Vesuviano come incaricato del santuario e di Voce di San. Giuseppe prima e poi delle associazioni e degli universitari della Fuci. Dal 61 al 64 assume l'incarico di direttore e parroco all'Opera San Giuseppe di Lucera e non rinuncia a stare tra i ragazzi anche come insegnante della scuola elementare; dal 64 al 70 passa all'O­pera Sacro Cuore di Rossano dove diventa l'artefice della nuova chiesa parrocchiale di San Giusep­pe e della chiesa parrocchiale S. Pio X in contrada Piragineti, e instancabile promotore dell'avvio dei corsi di formazione professionale; dal 70 al 76 è a Santa Marinella come direttore dell'istituto assistenziale "Colonia Pio X", quindi dal 76 all'84, ancora direttore e parroco a San Giuseppe Vesuviano dove realizza la grande impresa di ristrutturazione e decorazione del Santuario di S. Giusep­pe servendosi del lavoro artistico del pittore Pietro Favaro. È questo il periodo dove la generosa magnanimità di cuore si esprime in un intreccio di relazioni virtuose con la gente ed il popolo di San Giuseppe Vesuviano. Alcuni amici contesteranno il suo trasferimento da San Giuseppe ribadendo che p. Alteo "non solo per le sue doti organizzative e costruttive, aveva riadattato e messo a nuovo con spese a dir poco inaccessibili il bellissimo Santuario, ma anche e soprattutto per le sue doti cristiane e sempre al servizio della chiesa, aveva nel giro di pochi anni riportato in chiesa un inte­ro paese ... ". Qualche segnale di affaticamento e di stanchezza lo induce a rinunciare alla respon­sabilità di direttore negli ultimi due anni e nel 1984 a chiedere il definitivo trasferimento "per il bene della comunità e suo". Riparte con grande impegno da Roma Pio X come sempre con il suo stile di presenza assidua tra i ragazzi, insegnante al mattino, oratorio al pomeriggio con i più scapestrati del quartiere. L'impresa di stare tra i ragazzi si fa ardua, estenuante, poco gratificante. Nel 1991 accet­ta volentieri di passare all'Oratorio San Paolo di Roma dove tutto gli appare organizzato istituzio­nalmente in una dimensione di centro sportivo. Accetta di restarvi tino al 1997, quando viene trasferito presso l'Opera Sacra Famiglia nella popolare parrocchia di Napoli, lì ritrova la gioia di spendersi e di fare del bene in una pastorale ordi­naria più a misura del suo stile decisamente tradizionale. Ma la sfida dell' anzianità e della malattia incombe. È lui stesso ad avvertire un certo smarri­mento e confusione mentale al punto da richiedere un avvicinamento ai suoi parenti. Nel settembre 2001 si predispone il rientro a Roma Pio X. Ma gli ultimi anni sono immediatamente sopraffatti dall'avanzare del morbo di Alzheimer. La comunità e i parenti si stringono intorno a lui per soste­nerlo anche con assistenza continua e specializzata, anche se la malattia rende sempre più difficile la convivenza sotto lo stesso tetto. Quando ormai si fa impossibile, si provvede con il ricovero in cliniche specializzate, dal maggio 2005 presso il Centro Italian Hospital Group di Guidonia (Roma) e infine dal 13 giugno presso la Residenza per la Terza Età "C. Peruzzi" di Castelnuovo di Porto (Roma). Nella profonda solitudine con cui il morbo di Alzheimer avvicina alla morte, confortato dal sacramento dell'unzione dei malati e consolato dalla presenza dei confratelli e familiari, dopo una breve agonia di qualche ora è spirato al Policlinico Gemelli dove era stato portato per un disperato tentativo di rianimazione.